Ciascuno
di quei natanti, detti anche bastimenti,
aventi dimensioni, mezzi di propulsione e
sistemazioni convenientemente sviluppati,
impiegati per il trasporto di persone, merci o
altri carichi, per scopi commerciali,
militari, scientifici, ecc. Alcune navi, atte
a navigare anche in immersione, sono più
propriamente dette sommergibili o sottomarini.
Le cognizioni tecniche riguardanti le navi e,
più in generale, i natanti, vengono sviluppate
nell'ambito dell'ingegneria navale che
comprende la teoria della nave identificabile
ormai con l'architettura navale, e la
costruzione navale. In particolare, anche
veliero con tre alberi a vele quadre: nave a
palo, veliero con tre alberi a vele quadre,
più uno poppiero a vele auriche: nave goletta,
o barco bestia, veliero a tre alberi, oltre il
bompresso, di cui il prodiero a vele quadre,
gli altri due a vele auriche; nave poggiera,
nave orziera, velieri che, con vento medio,
tendono rispettivamente a poggiare o a orzare.
|
Cenni storici
L e prime navi di cui ci sia pervenuta
documentazione risalgono al IV millennio a.
C.; sono le grosse
imbarcazioni fluviali egizie costruite con
fasci di papiro strettamente legati, senza
chiglia; gli scafi avevano una caratteristica
forma lunata, tanto che, per evitare un
eccessivo inarcamento, prora e poppa erano
collegate da un cavo ritorto di papiro, tenuto
in tensione da forcelle verticali. Sembra
inoltre che le popolazioni del Delta del Nilo
apprendessero in quel tempo, da genti
orientali, la costruzione di imbarcazioni non
molto dissimili, ma in legno. Il legname venne
impiegato successivamente, in seguito ai
commerci con le genti del Libano: in un primo
tempo il fasciame venne imbragato da cavi
disposti attorno allo scafo, e con cavo
ritorto longitudinale; al centro dello scafo
una tavola più larga delle altre irrobustiva
alquanto la costruzione, come una specie di
chiglia; le navi potevano essere lunghe oltre
28 m e larghe quasi 4. Propulse a remi,
avevano in genere un albero di legno a capra,
che poteva essere abbattuto, con una vela alta
e stretta. Per la manovra disponevano di remi
laterali a poppa. A partire dalla seconda metà
del II millennio a. C. le navi egizie
presentano un profilo più raffinato; è sparita
l'imbragatura esterna allo scafo; l'albero
risulta a trave unica, con una vela larga e
non troppo alta, tesata da due pennoni un po'
incurvati, composti da aste parzialmente
sovrapposte nella parte centrale; queste navi
potevano raggiungere lunghezze di oltre 30 m e
larghezze di oltre 6. Le prime navi d'altura
vennero
|
ideate dai
Fenici per i commerci nell'area mediterranea
già all'inizio del I millennio a. C.; tali
navi, per le quali i remi servivano per lo più
in caso di bonaccia e per le manovre nei
porti, erano lunghe fino a 30 m e larghe circa
5; avevano chiglia esterna, collegata a prora
e a poppa con le rispettive "ruote"; costole
trasversali; ponte di coperta sostenuto da
bagli trasversali da bordo a bordo e fasciame
liscio costituito da tavole lunghe collegate
alle costole e tenute insieme dalla chiglia.
Caratteristica la presenza di due lunghe
appendici a prora e a poppa aventi scopo
ornamentale. L'albero (o gli alberi), a tronco
unico, era fisso, tenuto fermo da stralli, e
reggeva una vela quadra, tesata da un solo
pennone manovrato mediante "bracci" dal ponte
di coperta. La manovra era facilitata da remi
laterali poppieri in funzione di timone.
Tranne una certa evoluzione di dettaglio (per
esempio nel modo di collegare il fasciame alle
costole: legato in principio, poi connesso con
caviglie di legno o chiodato), le navi
mercantili non ebbero, nei secoli successivi,
aspetto molto dissimile da quello descritto,
né dimensioni sensibilmente maggiori.
Evoluzione diversa ebbero le navi da guerra:
al 1500 a. C. risale la più antica
documentazione riguardante un tipo di "nave
lunga", divenuta famosa come "pentecontero
pelasgico", assai usata nelle guerre dei tempi
omerici. Da questa derivarono le navi da
guerra greche, cartaginesi e romane che,
strutturalmente, erano però simili alle navi
mercantili dell'epoca e in più avevano un
rostro a prora, banchi carenati per i rematori
(25 per "rembata"), un solo albero ausiliario
per una vela quadra a un solo pennone; a poppa
vi erano remi-timone e a prora estrema un
piccolo castello per i soldati armati di arco
e giavellotti. Le più note navi da guerra di
questo periodo furono le biremi. La più
raffinata tecnica costruttiva fu raggiunta dai
Romani che non solo realizzarono grandi navi
da trasporto (actuaria, oneraria, ippagogo,
ecc.) ma costruirono potenti navi da guerra a
tre (e forse più) ordini di remi (triremi)
dotate, fin da dopo la II guerra punica, di
rostro, di torre prodiera per i soldati, di
"corvo" brandeggiabile per arrembare le navi
nemiche e di uno o due alberi a vela quadra.
Queste navi, in epoca imperiale, raggiungevano
i 70 m di lunghezza e gli 8 m di larghezza;
alcune erano munite di rivestimento metallico
esterno (navi catafratte) contro lo
speronamento. Esse erano però poco
maneggievoli per cui i Romani adottarono anche
navi veloci, a un solo (o due) ordine di remi,
con un albero a vela quadra (liburna), che
restarono in uso fino in epoca bizantina e
dalle quali derivarono le successive navi
arabe e il dromone. Questi ultimi erano navi a
fondo piatto a scarso pescaggio, con equipaggi
di 30-35 uomini, armate a remi, con un albero
a vela quadra e munite di ponte; nel sec. IX
apparvero dromoni a due ordini di remi e con
due alberi recanti vela triangolare (latina).
La vela latina sembra sia stata ideata dai
Bizantini (da altri si ritiene siano stati gli
Arabi) per far sì che le navi da corsa
potessero stringere meglio il vento quando non
venivano usati i remi; oltre che dal dromone
vennero adottate da altre navi bizantine: il
panfilo, grosso dromone a due ordini di remi,
e la chelandia, piccolo dromone da corsa. I
Bizantini idearono per il trasporto mercantile
l'usciere, a fondo piatto, munito di
portellone poppiero e di due ponti; la tàrida,
a fondo piatto con cassero e castello, mossa,
come il tipo precedente, solo da vele latine,
munita di due portelloni; l'acàzia, recante
vele quadre (àkatos) e impiegata anche per
compiti militari. Costruttivamente analoghe al
dromone, ma come forma più vicine alle liburne,
furono le galee, navi che divennero il simbolo
delle Repubbliche italiane. Erano mosse da
vele e da remi (fino a una sessantina)
azionati da uno o più rematori; erano
provviste di chiglia, ruote di prora e poppa;
costole che sopportavano il fasciame liscio,
ebbero dapprima un timone laterale poppiero,
in seguito (verso la metà del sec. XIII) un
timone poppiero in fil di ruota con barra per
la manovra. Gli alberi (a vele latine) furono
da uno a tre secondo i tipi e le epoche. I
fianchi delle galee erano sempre protetti da
scudi allineati per riparare i combattenti e i
rematori e, talvolta, da corazzature posticce
in cuoio o in ferro. Avevano in genere
lunghezze di 40-50 m e larghezze di 5-6 m, con
pescaggi non superiori ai 2 m. Dalla galea
derivò tutta una serie di navi a vela e remi,
fra cui la galeazza (più grossa e alta, con
castello, cassero e tre alberi), la galea di
marcanzia, la galeotta, il brigantino, la
fregata (questi due ultimi da non confondersi
con gli omonimi velieri del sec. XVII). Come
in Europa, anche in Asia le navi d'altura
derivarono da quelle costiere: i due tipi più
significativi furono il sampan, molto simile
alla liburna, e la giunca. Quest'ultima aveva
scafo piuttosto alto e panciuto, con prora e
poppa molto rialzate; era mossa da vele quadre
in stuoia alzate una per albero e aveva due o
più alberi; le giunche più antiche avevano
anche uno o due ordini di remi. Già alla fine
del sec. XI la giunca era dotata di
compartimentazione stagna e di timone a fil di
ruota. Benché poco maneggevole era capace di
tenereil mare con notevole sicurezza ed era in
grado di bordeggiare, prendendo il vento di
prora, tanto che flotte cinesi di giunche a
tre (o anche a 4 e 5) alberi si spinsero fino
alle Hawaii e alle coste dell'Africa
sud-orientale. Vicende interne fecero
tramontare in modo definitivo, nel sec. XIV,
le costruzioni navali cinesi proprio quando,
in Europa, a seguito dell'impulso dei popoli
marinari, iniziava l'apogeo della nave a vela.
Evoluzione della nave a vela I popoli marinari
dell'Europa settentrionale avevano, già dal
sec. IX, ideato navi originali, adatte ad
affrontare i marosi dei mari nordici (drakar,
snakar). Si trattava di navi dalle forme
affinatissime, prive di ponte, con prora e
poppa assai elevate e dalla forma a collo di
cigno. Il fasciame era, secondo l'uso nordico,
a corsi di tavole sovrapposte e chiodate in
ferro sulle costole. In basso, contrariamente
alle costruzioni mediterranee, le tavole non
erano fissate sulla chiglia, ma sul madiere
(parte centrale dell'ossatura). La propulsione
era affidata a una trentina di remi e alla
vela quadra issata all'unico albero centrale,
mentre il governo della nave avveniva mediante
un remo-timone a poppa. Per la difesa in
combattimento venivano allineati sui fianchi
degli scudi circolari. All'inizio del sec. XII
i costruttori nordici idearono una nave d'alto
mare propulsa esclusivamente a vela come le
giunche. Si trattava di bastimento con
rapporto fra lunghezza e larghezza di 2-2,5;
lo scafo era a corsi di tavole sovrapposte e
gli alti alberi, a un solo pezzo, recavano una
coffa e una vela quadra. Queste navi, dette
per la loro forma "tonde", note anche come
"nave" e "cocca", presentavano notevole
robustezza e tenuta di mare, mentre erano
particolarmente idonee al "bordeggio"
necessario per navigare contro vento. Da
queste, nel corso del sec. XV, derivarono le
navi mediterranee e inglesi (caracca,
caravella, galeone) che avevano maggior
rapporto tra lunghezza e larghezza, erano
provviste di cassero, casseretto, castello
prodiero sospeso sulla ruota di prora; timone
a fil di ruota con comando a barra; tre (poi
anche 4) alberi in due pezzi recanti i primi
due vele quadre, il terzo vela latina. Erano
tutte navi con duplice funzione, mercantile e
bellica, in grado di difendersi da sole grazie
all'uso anche dei cannoni. La caracca e la
caravella servivano prevalentemente per usi
mercantili: avevano in genere tre alberi,
stazza intorno alle 400-600 tonnellate e
un'attrezzatura simile a quella delle cocche
più evolute, ma con in più un albero di
bompresso a prora, obliquo, munito di "vela di
civada". La caravella si distingueva per il
fatto che, di solito, aveva alberi attrezzati
con vele latine, anziché quadre. Nel 1518 fu
costruito dagli Inglesi l'Henry Grace à Dieu,
detto anche Great Carrack, una caracca lunga
oltre 51 m, con una larghezza fuori ossatura
di oltre 11 m, con un dislocamento di ben 1000
tonnellate; l'armamento constava di 195 bocche
da fuoco e l'equipaggio era di 900 uomini.
L'alberatura (4 alberi) recava vele quadre al
trinchetto e alla maestra, vele latine alla
mezzana e alla mezzanella; a prora bompresso e
civada. Il fasciame, pare, era ancora del tipo
sovrapposto, fissato alle coste con caviglie
in legno. Questa nave può essere considerata
il prototipo delle successive navi ideate dai
Portoghesi e dette galeoni, strutturalmente
analoghe ma con fasciame liscio, maggior
rapporto lunghezza-larghezza, castello e
casseretti più bassi. I galeoni avevano
prevalenti funzioni militari: noti sono i
galeoni spagnoli, atti a contrastare le azioni
dei pirati delle Antille, e quelle
dell'Invincibile Armata. Nella prima metà del
sec. XVI, inoltre, si andò diffondendo l'uso
di fasciare le carene convari strati di
materiali adatti a preservare il legno dalle
teredini marine. Benché la struttura del
galeone avesse dimostrato notevoli doti di
robustezza, il forte peso delle artiglierie e
l'altezza dello scafo esigevano un tipo di
navi da guerra ancora più solido, sicura
soprattutto dal punto di vista della stabilità
trasversale con mare ondoso, ma ugualmente
capace e armata. Ciò richiese un maggior
impegno tecnico, cantieri navali più
attrezzati e soprattutto una conoscenza
teorica della progettazione e architettura
navali. La realizzazione di navi di una certa
mole fu da allora affidata a ingegneri
coadiuvati da una schiera di mastri d'ascia
gelosi dei segreti del proprio mestiere;
tuttavia, a partire dalla fine del sec. XVI,
si moltiplicarono testi e manuali di
costruzione navale e vennero stabilite alcune
regole base. Questa notevole spinta portò, nel
sec. XVII, alla realizzazione del vascello,
destinato a non essere più superato quale nave
da battaglia per tutto il periodo velico. La
struttura del vascello fu particolarmente
curata: coste spesso raddoppiate nei punti di
maggior sforzo; legname utilizzato in modo da
sfruttare il più possibile la venatura ai fini
della robustezza; rinforzi applicati in
numerosi punti dell'ossatura. Per la carena
non venivano usati chiodi, per evitare gli
effetti della corrosione, per cui si
preferivano i cavicchi di legno. Dopo vari
esemplari, costruiti nei primi decenni del
secolo, dotati di due ponti per le
artiglierie, con alberi (tre o quattro) a vele
quadre ma con una o due rande a poppa, si
giunse, nel 1637, alla costruzione del primo
"tre ponti", il Sovereign of the Seas,
inglese, di circa 1500 tonnellate di stazza,
con tre alberi e circa 100 pezzi
d'artiglieria, capostipite di una serie sempre
più perfezionata di navi di linea. Oltre al
vascello, esistevano altri tipi di navi da
guerra: la bombarda, piccolo legno da assedio,
dotato di una o due grosse bocche da fuoco a
prora, in coperta, lo sciabecco, la fusta e la
feluca, a vela (latina) il primo e l'ultima, a
remi l'altra. I perfezionamenti del vascello
proseguirono nel sec. XVIII, con
l'introduzione di vele munite di terzaruoli e
con l'affinamento delle tecniche costruttive:
contro la corrosione delle carene gli Inglesi
cominciarono ad adottare le fodere in rame,
invece della tradizionale fasciatura. Per
impieghi militari minori ebbero inoltre una
certa fortuna le fregate, le corvette e i
cutter, tipi di navi veloci e relativamente
leggere, di struttura semplificata rispetto ai
vascelli (benché simile), usati in guerra per
esplorazione, collegamenti, missioni di caccia
e difesa del traffico, missioni rapide
speciali. Gli alberi di queste navi a causa
della crescente altezza richiesta dal numero
delle vele, vennero costruiti, dal sec. XVII,
in tre parti collegate all'altezza della coffa
e della crocetta. Le vele, che fino al
Seicento non superavano il numero di tre per
albero, erano state successivamente un poco
ridotte di superficie per renderle più
maneggevoli e per suddividere meglio la
velatura totale; nel secolo successivo una
grande nave ne portava, in genere, quattro per
albero. Il tramonto della vela, l'avvento
dell'elica e la propulsione nucleare.
All'inizio del sec. XIX, in seguito al
controllo dei mari da parte delle grandi
potenze, la duplice funzione delle navi non fu
più necessaria; ciò portò alla realizzazione
di navi a vela mercantili dalle notevoli doti
marinare, i clipper. Sono state queste le più
prestigiose navi a vela, dalle forme eleganti
e affinate, in grado di raggiungere elevate
velocità di crociera (circa 18 nodi)
nonostante le notevoli dimensioni (lunghezza
fino a 70 m, stazza oltre le 900 tonnellate);
caratteristica più vistosa di tali navi era
l'alberatura formata da tre altissimi alberi
recanti ciascuno 4-5 vele quadre e non di rado
una sesta vela sull'alberetto più alto, in
caso di vento moderato. In tutti i velieri
dell'epoca la vela aurica (randa) si afferma
decisamente per le sue doti di manovrabilità e
per la sua idoneità a "stringere il vento"
(cioè a navigare contro vento), tanto che essa
appare ormai normalmente all'albero di mezzana
(quello poppiero nei tre-alberi) e viene a
costituire l'unico tipo di velatura di un
nuovo bastimento, la goletta, che ebbe grande
fortuna come nave da carico e, talvolta, anche
come nave da guerra. Famose resteranno le
grandi golette americane, dotate di quattro,
cinque e più alberi. Ai tipi fondamentali si
deve aggiungere il brigantino (comparso fin
dal sec. XVII), a due alberi a vele quadre,
impiegato tanto per usi commerciali che
militari, dal quale derivarono, nei sec. XVIII
e XIX, una serie di tipi ibridi fra cui molto
diffusi il brigantino-goletta, il brigantino a
palo, la nave a palo. Dai primi anni del sec.
XIX si era intanto andata affermando la
macchina a vapore per impiego navale. Le prime
esperienze furono effettuate con battelli
fluviali (1774-78, P. e J. d'Abbans, in
Francia, e Miller e Symington, in Scozia;
1790, J. Fitch, negli Usa); nel 1807 J. Fulton
istituì un servizio sull'Hudson (Usa) con il
Clermont, battello propulso da due ruote
laterali. Le prime navi utilizzanti motrici a
vapore erano in legno: la macchina a vapore
azionava due grandi ruote a pale poste
esternamente alle fiancate della nave e
protette da tamburi. La necessità di frequenti
rifornimenti di combustibile e di acqua per le
caldaie non portò all'abolizione della vela,
per cui fin dopo la metà del sec. XIX
esistettero navi a propulsione mista:
pirovascello, pirocorvetta, pirofregata, ecc.
Strutturalmente derivati dalle precedenti
navi, i nuovi bastimenti furono studiati
secondo un'architettura che doveva tener conto
della dislocazione dei nuovi apparati motore,
dei fumaioli, degli alberi, delle grandi ruote
motrici e dei depositi per combustibile e
acqua. Un perfezionamento dell'architettura si
ebbe con l'introduzione dell'elica (1839-41, a
opera di J. Ericsson e altri) che eliminava le
ingombranti ruote ma che richiese apparati
motore più perfezionati. Contemporaneamente si
diffuse l'impiego del ferro, più idoneo del
legno a resistere alle sollecitazioni indotte
dalle macchine a vapore e dai propulsori;
corazze in ferro erano già adottate dalle navi
da guerra perché fossero meno vulnerabili ai
nuovi proiettili esplodenti (1824) e alla
forza penetrante di quelli lanciati dai più
moderni cannoni rigati a retrocarica (1844).
Nel 1820, la nave mercantile americana
Savannah, con propulsori a ruote, effettuò la
prima traversata atlantica; nel 1840 fu
realizzato il primo transatlantico (inglese)
in ferro e con propulsione a elica (il Great
Britain, di 3000 tonnellate) cui seguì (1858)
il Great Eastern, di 19mila tonnellate, lungo
211 m, largo 25 m, con due apparati motore
(uno a elica, uno a ruote) di 8000 cavalli, in
grado di portare circa 5000 passeggeri. Dal
1862 l'acciaio subentrò al ferro
rivoluzionando le tecniche costruttive e la
stessa architettura navale: gli Inglesi,
all'avanguardia nel settore, progettarono una
nuova nave corazzata, il Bellerophon(1865),
provvista di cannoni in coperta, e la prima
nave mercantile specializzata, una petroliera
(1872), entrambe propulse a elica. Ormai la
rivoluzione delle costruzioni navali è
compiuta: la nave da guerra è definitivamente
differenziata da quella mercantile; più
affilata e veloce, in genere, la prima, più
tozza e capace la seconda, cui non serve la
velocità elevata della nave da guerra. A mano
a mano che le vele scompaiono, gli alberi
divengono semplici e spogli, atti a sostenere
le sagole delle bandiere, i verricelli per il
sollevamento dei carichi e, semmai, qualche
vela di fortuna (fino all'inizio del sec. XX).
Per tutto il sec. XIX, gli scafi delle navi da
guerra conservano lo sperone a prora, mentre
quelli delle navi commerciali perdono del
tutto la tradizionale linea con bompresso e
poppa a specchio, per adottare la prora
verticale, con tagliamare più o meno
arrotondato, poppa a volta, fianchi quasi
verticali e lisci. La struttura è sempre
costituita da chiglia e costole (struttura
trasversale), le quali sono unite e irrigidite
dai correnti longitudinali: all'ossatura sono
chiodate le lamiere del fasciame esterno e
interno. A poppa il timone è, solitamente,
incardinato al dritto e preceduto dall'elica,
tranne nel caso di due propulsori, che stanno
allora ai lati, uscendo direttamente dalla
carena. Si è così alle soglie dell'epoca
contemporanea, che vede le costruzioni navali
progredire con un ritmo mai conosciuto in
passato: nel sec. XX, oltre all'affinamento
delle tecniche costruttive, si registrano
l'introduzione degli apparati ausiliari per la
navigazione (radioassistenza, sistemi radar di
avvistamento, automazione dei servizi di
bordo, ecc.) e la sperimentazione della
"propulsione nucleare", cioè di turbine
alimentate da vapore prodotto da una centrale
termico-nucleare installata a bordo. La prima
nave mercantile dotata di tale impianto, che
consente autonomie di parecchi mesi, fu la
statunitense Savannah (1959), ma gli alti
costi d'esercizio hanno per ora limitato
questa soluzione tecnica a navi per usi
speciali (rompighiaccio sovietici) e a navi
militari (portaerei, sottomarini, ecc.) mentre
se ne prevede l'uso per il futuro sulle
petroliere.
La
propulsione
Attualmente si distinguono navi con
propulsione meccanica (tra cui le motonavi, i
piroscafi, le navi nucleari), a vela o
velieri, e con propulsione mista (motovelieri
e velieri con moto ausiliario). Obiettivi
fondamentali per gli apparati di propulsione
navale sono: alta affidabilità, semplicità,
bassi pesi, ingombri, consumi, costi iniziali
e di esercizio. Va ricordato che, salvo rare
eccezioni, ciascuna elica non trasmette più di
50mila cavalli; essa ha inoltre una velocità
di rotazione relativamente bassa, da circa
cento giri al minuto per le grandi unità
mercantili sino ad alcune centinaia per quelle
militari sottili. Esiste, infine, la necessità
di provvedere la nave di pronti ed efficaci
mezzi per la marcia indietro. La maggioranza
delle navi è formata da motonavi, con motori
Diesel reversibili, impieganti, per quanto
possibile, le nafte meno pregiate. Ampiamente
usati i motori Diesel lenti, a 2 tempi. I
limiti di tali apparati di propulsione sono un
maggior ingombro, in particolare per i Diesel
lenti le cui dimensioni richiedono locali
macchina più ampi, e il fatto che i depositi
prodotti dai carburanti di scarso pregio si
raccolgono sulla testa, le fasce elastiche e
le valvole dei cilindri e, inoltre, tendono a
otturare i filtri e gli iniettori; pertanto
diventano necessari una manutenzione più
frequente, l'installazione di idonei
depuratori per il trattamento del combustibile
e l'impiego di additivi per ridurre la
formazione di acidi e i fenomeni di
corrosione. Per navi di dislocamento e
velocità elevati, che necessitano di apparati
propulsori con potenze superiori ai 40mila
cavalli, sono preferite le turbine a vapore o
a gas: nelle prime, l'apparato è costituito da
un idoneo generatore di vapore e da un gruppo
di turbine, di cui una adibita alla marcia
indietro (poiché la turbina non è una macchina
reversibile), collegate mediante riduttore a
ingranaggi agli assi delle eliche. Il
generatore, di norma, è del tipo a vapore
surriscaldato e viene alimentato sia con
carbone di idonea pezzatura, sia con
combustibile liquido (gasolio di basso
pregio), sia con polverino di carbone
mescolato a combustibile liquido (quest'ultimo
sistema può essere adottato anche con motori
Diesel lenti). L'impianto è automatizzato: la
distribuzione del carbone viene effettuata da
un apparecchio spalatore su una griglia
mobile; idonei impianti provvedono al recupero
e al reimpiego del combustibile non bruciato e
alla raccolta e stivaggio automatizzato delle
ceneri; sistemi integrati sono utilizzati per
far variare la quantità del vapore sotto
pressione in base alla richiesta delle
turbine. Il generatore, di frequente, è dotato
di bruciatori e di apparati per il
funzionamento, in alternativa o simultaneo, a
carbone e/o combustibile liquido. Le turbine a
gas, dati gli alti costi di esercizio, vengono
ormai quasi esclusivamente utilizzate per le
navi militari. Tutte le navi di un certo
dislocamento, soprattutto quelle militari
dotate di turbine, oltre agli ovvi sistemi
manuali, sono dotate di sistemi elettronici in
grado d'impostare la velocità richiesta per
ogni gruppo propulsivo; questi sono anche in
grado di individuare e isolare eventuali
avarie dei motori, evitando danni maggiori;
inoltre una centrale di propulsione provvede
ad avviare, telecomandare e telecontrollare le
singole macchine adeguandone le prestazioni
secondo necessità e regolando sia il numero di
giri sia il passo delle eliche. Il comando e
il controllo vengono effettuati a distanza,
direttamente dalla plancia; da questa, grazie
ai sistemi elettronici integrati, è possibile
controllare e gestire anche tutti gli apparati
relativi ai servizi di bordo, dall'impianto
elettrico al carico scarico dei prodotti
imbarcati. Infine, è abbastanza diffusa la
propulsione elettrica: i Diesel o le turbine a
vapore azionano generatori di corrente che
alimentano i motori elettrici di propulsione:
pressoché tutti i sommergibili convenzionali,
nonché alcuni traghetti, navi da pesca,
rimorchiatori, ecc., hanno propulsione
Diesel-elettrica. Precise norme internazionali
per la salvaguardia della vita in mare (SOLAS)
fissano le disposizioni generali per la
tipologia, la costruzione, la
compartimentazione, la stabilità della nave,
nonché stabiliscono i criteri per
l'allestimento relativi ai sistemi antincendio
e anticollisione, agli impianti
radar-radiotelefonici, ai mezzi di salvataggio
(per esempio l'adozione d'imbarcazioni a
chiusura stagna in grado di abbandonare la n.
anche se sbandata su un fianco). Ogni nave, in
base alla convenzione internazionale
antinquinamento (MARPOL), deve essere dotata
di sistemi atti a limitare l'inquinamento
accidentale, dovuto a perdite di combustibile
o di sostanze tossiche (riduzione delle
sezioni dei compartimenti stagni sui fianchi e
sul fondo; impianti schiumogeni per dissolvere
i prodotti inquinanti; particolari depositi a
tenuta stagna in cui convogliare i reflui,
ecc.).
Principali tipi di navi mercantili
Sono definite mercantili quelle navi abilitate
a uno o più dei seguenti servizi: trasporto di
passeggeri, di merci, pesca, rimorchio, ecc.
Le navi per passeggeri si distinguono per lo
sviluppo dei servizi alberghieri e delle
sistemazioni di sicurezza. Le navi per
trasporto merci, dette navi da carico, possono
essere adibite a trasporto di solo carico
secco, cioè di merci solide o contenute in
adatti recipienti, oppure di liquidi oppure
miste. Nelle prime, di regola, il carico viene
sistemato negli spazi interni (stive,
interponti), ma talvolta anche in coperta; una
classe di tali navi di moderna concezione è
formata dalle navi portacontainer (o
portacontenitori) e dalle navi portachiatte.
Vi sono poi navi per carichi secchi alla
rinfusa, o portarinfuse, adatte al trasporto
digranaglie, minerali, ecc. I carichi (come
prodotti petroliferi, chimici, gas liquefatti,
acqua) sono trasportati, secondo i casi, in
cisterne ricavate nella struttura dello scafo,
o in serbatoi sistemati permanentemente a
bordo; le unità destinate a tali servizi sono
dette genericamente navi cisterna. Vi sono
inoltre navi per il trasporto sia di petrolio
sia di carichi alla rinfusa. Tra le navi
speciali vi sono quelle adibite a carichi
refrigerati (navi frigorifero), le quali hanno
gli interponti e le stive rivestiti di
materiali termoisolanti e intorno ai quali una
rete di tubazioni fa circolare aria assai
fredda prodotta da una centrale frigorigena.
Esistono, inoltre, navi che pur non essendo
propriamente mercantili svolgono servizi
civili particolari, come bette, draghe,
rimorchiatori, rompighiaccio, posacavi, navi
faro, navi per il salvataggio, navi per
servizi postali, idrografici, di polizia, ecc.
Navi per impieghi specializzati sono le navi
traghetto, le navi per ricerche
oceanografiche, le navi baleniere e fattoria,
le navi da pesca, ecc.
Principali tipi di navi da guerra
Oggi le armi che minacciano la nave sono,
principalmente, i missili guidati, lanciati da
navi di superficie, o da velivoli, e i siluri
guidati, normalmente lanciati da sommergibili.
Il cannone, pur continuando a costituire un
pericolo, è divenuto piuttosto un'efficace
arma di difesa contro i missili e i velivoli;
il duello d'artiglieria appare meno probabile,
e comunque limitato a casi particolari. Nello
stesso tempo la possibilità di imbarcare
missili balistici a carica nucleare e velivoli
vettori di armi nucleari ha conferito alle
flotte una grande capacità offensiva
strategica, esplicata mediante i sottomarini
lanciamissili a propulsione nucleare e le
portaerei strategiche. Per le operazioni
navali classiche esistono invece: incrociatori
armati generalmente di missili e cannoni, ma
sovente dotati di siluri ed elicotteri
antisommergibili; alcuni tipi sono dotati di
ponte per aerei a decollo verticale o per
elicotteri (solo gli Stati Uniti utilizzano
ancora le corazzate); cacciatorpediniere, navi
di piccolo dislocamento e assai veloci, armate
con cannone, missili e lanciasiluri, che
svolgono compiti di scorta, difesa e attacco
contro navi o obiettivi a terra; fregate, più
piccole dei precedenti ma con armamento
simile, più idonee a svolgere missioni in
acque ristrette; corvette, di piccole
dimensioni, armate prevalentemente di missili
antiaerei, destinate a operare in acque
costiere e con funzioni antiaeree e
antisommergibile (questi ultimi tipi di navi
sono anche utilizzati per compiti di scorta a
naviglio di superficie e a convogli). Per il
pattugliamento in acque costiere esistono poi
motovedette, aliscafi e veicoli a cuscino
d'aria armati con missili e/o cannoni,
talvolta con siluri. Per la lotta contro le
mine esistono cacciamine e dragamine, mentre
una vasta gamma di navi anfibie e logistiche è
destinata alle operazioni di sbarco e,
rispettivamente, al rifornimento e alla
manutenzione della flotta. Ai sottomarini
d'attacco, a propulsione nucleare o
Diesel-elettrica, è infine affidato il compito
di pattugliamento difensivo e di attacco in
alto mare contro navi da guerra o mercantili.
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